Il Project Management all'interno del ciclo di vita di un farmaco

Il Project Management all’interno del ciclo di vita di un farmaco

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Il Project Management all’interno del ciclo di vita di un farmaco

Il Project Management all’interno del ciclo di vita di un farmaco

Il settore Life Science è per sua natura uno degli ambiti più complessi e regolamentati, dove l’innovazione scientifica deve andare di pari passo con la massima qualità e la compliance normativa. All’interno di questo panorama, il Project Management (PM) è un elemento chiave per guidare lo sviluppo di un farmaco, dalla sua ideazione fino alla sua fase di declino sul mercato.

S4BT, con la sua doppia anima di Consulenza e Software, si posiziona da circa 30 anni al fianco delle aziende del settore come partner strategico per affrontare queste sfide.

Il ruolo cruciale del project manager: bilanciare i vincoli

 
 

Il successo nello sviluppo farmaceutico, così come nella gestione di qualsiasi progetto, è racchiuso nel cosiddetto Project Management Triangle. Il Project Manager, e in particolare il Project Management Consultant in ambito farmaceutico, ha la responsabilità di mantenere un attento equilibrio tra i vincoli principali, assicurando che ogni fase proceda senza compromettere gli standard richiesti:

  • SCOPO (Scope): Definizione chiara degli obiettivi e dei risultati attesi. In ambito farmaceutico, questo si traduce nella definizione del profilo del prodotto (Target Product Profile) e nella validazione di ogni step del processo.
  • TEMPO (Time): Pianificazione e gestione delle scadenze e delle tempistiche. I ritardi in questo settore non sono solo costosi, ma possono significare anni di attesa per i pazienti, rendendo la gestione delle timeline una priorità assoluta.
  • COSTI (Cost): Pianificazione del budget e controllo serrato dei costi. La fase di ricerca e sviluppo è dispendiosa; un PM esperto è fondamentale per ottimizzare le risorse e garantire il ROI, anche quando i progetti superano i miliardi di euro di investimento.

Al centro di tutto, nel settore farmaceutico, risiede la QUALITÀ, che deve essere definita e costantemente monitorata in conformità con gli standard richiesti (GCP, GMP, GLP) e in ogni interazione con le autorità regolatorie (EMA, FDA, etc.).

Affidarsi a un servizio di consulenza esterno esperto in Project Management, come quello offerto da S4BT, garantisce diversi vantaggi, tra cui l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, l’adattabilità e flessibilità di fronte a imprevisti scientifici, tecnici o regolatori, una gestione del rischio proattiva e il miglioramento continuo dei processi operativi e di qualità.

Il ciclo di vita del farmaco: un progetto a lungo termine

Il processo di sviluppo e commercializzazione di un farmaco è un percorso lungo e rischioso, che si articola in diverse fasi, in cui il PM è essenziale. Ogni fase, dalla scintilla scientifica iniziale al ritiro del prodotto dal mercato, è un progetto a sé stante, con obiettivi, rischi e stakeholder diversi. Una supervisione E2E da parte del Project Manager garantisce la coerenza strategica lungo tutte fasi del ciclo di vita del farmaco., che possono durare decenni.

project management E2E

Project Management: sfide e opportunità fase per fase

 
 

In ciascuna di queste fasi, il Project Management è chiamato a superare sfide uniche, trasformandole in opportunità di successo, come dimostrano i Case Study gestiti in contesti internazionali.

1. La sfida della fase pre-clinica e clinica I/IIa (Vincoli e Risorse)

  • La sfida: Nelle prime fasi, oltre alle difficoltà scientifiche, le sfide principali riguardano Costi, Tempo e Risorse. Ad esempio, un candidato farmaco iniettivo ad alta viscosità ha creato criticità logistiche nella linea di filling in fase di Scale-Up, con potenziale impatto su timeline e budget. Imprevisti come questi possono bloccare interi lotti e rallentare l’accesso alla terapia, rendendo cruciale una soluzione rapida e conforme.
  • L’Opportunità del PM: Una gestione esperta ha consentito la pianificazione e la conduzione di studi mirati (es. test di stabilità a temperature più elevate) per modulare la viscosità del composto senza alterarne le caratteristiche. Questo ha permesso di mitigare il problema con un impatto minimo su Tempi e Costi, mantenendo inalterati Scopo e Qualità. L’abilità del PM risiede nel trovare il giusto equilibrio tra le esigenze ingegneristiche e la compliance farmacologica.

2. La sfida della sottomissione regolatoria (Complessità e Incertezza)

  • La sfida: Il ciclo di approvazione regolatoria è notoriamente complesso, richiedendo un’ampia mole di dati, la compliance a linee guida rigorose (GCP, GMP) e la gestione dell’incertezza intrinseca del processo. Un esempio critico è rappresentato dal trasferimento dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (MAH) di una terapia genica, complicato dal contemporaneo trasferimento del processo produttivo a una nuova facility. Questa sovrapposizione di processi, se non gestita da un PM esperto, può portare a ritardi catastrofici nell’accesso del farmaco al mercato.
  • L’Opportunità del PM: Attraverso una decisione informata in accordo con il Cliente e l’Ente Regolatorio, è stato possibile evitare l’approccio classico a favore di una pre-approvazione della strategia di Technology Transfer (TT) tramite la sottomissione di un Post-Approval Change Management Protocol. Questa gestione ha portato a una soluzione favorevole e, soprattutto, ha garantito la disponibilità immediata della terapia per i pazienti, dimostrando che la flessibilità strategica può superare gli ostacoli burocratici senza compromettere la qualità.

3. La sfida della fase di crescita (Capacità Produttiva)

  • La sfida: Nella fase di Crescita, la priorità è aumentare la produzione per rispondere alla crescente domanda. Un esempio pratico è l’overbooking di una linea produttiva dovuto all’estensione dell’Holding Time di un prodotto (modifica volta a migliorare l’accesso alla terapia). La necessità di soddisfare un picco di domanda mantenendo standard elevati mette sotto stress tutte le funzioni aziendali, dalla logistica alla produzione.
  • L’Opportunità del PM: Una coordinazione guidata degli Stakeholder (Produzione, QA, QC, Logistica, Supply Chain, Clinica) permette di eseguire un Risk Assessment approfondito per ottimizzare la capacità produttiva. Questo include la prioritizzazione degli ordini, l’ottimizzazione dei processi e dei turni di lavoro, e la gestione dell’approvvigionamento delle materie prime, garantendo la compliance e la sostenibilità della fornitura. Il PM agisce come un direttore d’orchestra, assicurando che tutti i reparti lavorino in sincronia per massimizzare l’output nel rispetto delle Good Manufacturing Practice (GMP).

4. La sfida della fase di declino (Miglioramento Continuo)

  • La sfida: Nella fase di Declino (causata da scadenza brevetti o introduzione di farmaci più efficaci), la sfida principale è la gestione dei costi e la decisione sul futuro del prodotto. In questa fase, il valore strategico del farmaco diminuisce e l’azienda deve valutare se il mantenimento sul mercato sia ancora economicamente sostenibile o se sia necessario un piano di disinvestment.
  • L’Opportunità del PM: La competenza a 360° del Project Manager permette di analizzare molteplici scenari (approccio di Disinvestment o approccio di sviluppo). Quest’ultimo può tradursi nel lancio di una nuova formulazione (es. a rilascio prolungato) per migliorare la compliance e la percezione professionale, unita a una rinnovata campagna di marketing ed educazione. Questo dimostra che il PM può guidare una strategia di miglioramento continuo anche in fasi avanzate del ciclo di vita, prolungando il valore del prodotto per l’azienda e per i pazienti.

La digitalizzazione come fattore abilitante con PRAGMA4U

 
 

Per affrontare la complessità e la mole di dati richieste in queste fasi, la digitalizzazione dei processi è fondamentale.

PRAGMA4U, la soluzione software sviluppata da S4BT, è progettata per centralizzare i dati e snellire la Gestione dei progetti in modo CGXP e FDA 21 CFR part 11 Compliant. La piattaforma riunisce diverse tecnologie, tra cui:

  • eQMS (Quality Management Software)
  • DMS (Document Management Software)
  • LMS (Learning Management Software)

Consentendo una gestione efficiente di tutti i processi di qualità, dalla documentazione al Change Control e all’Audit. Grazie a PRAGMA4U, le aziende possono trasformare la gestione della qualità da un onere burocratico a un vantaggio competitivo, garantendo l’integrità dei dati e la tracciabilità completa di ogni operazione, essenziale per superare con successo le ispezioni regolatorie.

Il Project Management nel ciclo di vita di un farmaco è quindi un’attività dinamica e sfaccettata, che richiede una profonda conoscenza del settore Life Science. L’esperienza e la competenza di S4BT, unite alla potenza della digitalizzazione con PRAGMA4U, rappresentano la chiave per trasformare le sfide del mercato in opportunità di successo, garantendo che terapie vitali raggiungano i pazienti in modo sicuro ed efficiente.

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Supply Chain nel settore Life Science

Supply Chain nel settore Life Science: strategie per una gestione efficiente

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Supply Chain nel settore Life Science: strategie per una gestione efficiente

Supply Chain nel settore Life Science: strategie per una gestione efficiente

Introduzione


Nel Life Science la Supply Chain è parte del sistema qualità e, sempre più spesso, un vantaggio competitivo. Globalizzazione, dipendenza da materiali critici, requisiti di tracciabilità end‑to‑end e gestione del freddo hanno alzato l’asticella: i processi devono essere dimostrabili, i dati affidabili, le responsabilità chiare. Negli ultimi diciotto mesi gli standard hanno rilanciato sull’interoperabilità (EPCIS 2.0) mentre i regolatori hanno puntato sulla continuità di fornitura e sulla prevenzione delle carenze. In Europa, l’Alleanza per i Farmaci Critici e le iniziative coordinate da HERA spingono su resilienza e diversificazione; parallelamente EMA e la rete degli ispettorati ribadiscono i capisaldi GDP lungo la distribuzione. Negli Stati Uniti, la DSCSA entra nella fase “enhanced”, con enfasi sullo scambio dati interoperabile e sulla gestione delle eccezioni. In questo scenario, il 2025 segna un cambio di passo: tracciabilità, risk management e visibilità dei dati non sono più opzioni, ma prerequisiti operativi. L’articolo propone un percorso pratico per conciliare qualità, compliance e performance, dal fornitore all’ultimo miglio, con indicazioni utili a QA, Supply e Validation.



1) Scenario 2024/2025 – normative e trend da conoscere (e perché contano)


Tre forze stanno plasmando le priorità di filiera. La prima è la continuità di fornitura: l’attenzione delle autorità europee si è tradotta in raccomandazioni concrete su stockpiling mirato, diversificazione e cooperazione industriale, con l’obiettivo di ridurre le vulnerabilità su classi terapeutiche essenziali. La seconda riguarda la distribuzione: GDP e armonizzazione delle ispezioni richiedono processi più tracciabili, documenti allineati e ruoli ben definiti lungo l’ultimo miglio. La terza è la tracciabilità digitale: in ambito DSCSA lo scambio evento‑per‑evento abilita un controllo nuovo sulla vita del prodotto e rende più veloce la risposta a deviazioni e richiami. Sul piano manageriale, gli outlook 2025 confermano che la resilienza è tra le massime priorità, ma molte aziende devono ancora colmare un gap di governance a livello di board, soprattutto quando si decide di regionalizzare la rete o di accelerare su data foundation.



2) Progettare una Supply Chain “GxP‑ready” – QRM e process design da mettere a terra


Una supply chain conforme nasce da un design orientato al rischio (ICH Q9(R1)) e alla prova delle evidenze. Significa mappare i processi end‑to‑end, analizzare i failure mode nei nodi sensibili (sourcing, produzione, 3PL/4PL, last mile) e dimensionare i controlli in modo proporzionato. In Europa, i requisiti GDP rappresentano il livello minimo per proteggere l’integrità del prodotto durante stoccaggio e distribuzione; le buone pratiche dell’OMS forniscono un quadro pratico per reclami, resi, richiami, qualifiche e audit. Integrare QMS e Supply vuol dire tradurre il risk assessment in procedure eseguibili, criteri di qualifica/riqualifica, change control consapevoli e metriche che tengano insieme qualità e servizio: OTIF, lead time, tasso di excursion e efficacia delle CAPA. La qualità della decisione diventa tracciabile quando motivazioni e firme QA accompagnano le scelte critiche.



3) Sourcing e gestione fornitori – auditabilità e ridondanza intelligente


Il multi‑sourcing ragionato è l’antidoto ai single points of failure. Oltre al prezzo, pesano licenze, storico ispezioni, performance OTD/qualità e affidabilità dei piani di continuità. Quality Agreement chiari, con impegni espliciti su capacità e priorità in crisi, riducono ambiguità quando la pressione aumenta. La qualifica del fornitore è più robusta se include uno “stress test” documentale sullo shortage: come rileva i segnali deboli, quali indici monitora, quali sono i tempi di recupero. Una scorecard condivisa su Qualità, Servizio e Rischio semplifica il confronto tra partner e aiuta a trasformare gli audit in piani di miglioramento misurabili.



4) Pianificazione, scorte e scenari – dall’S&OP all’IBP (decisioni, non report)


L’evoluzione verso l’Integrated Business Planning porta valore quando gli scenari guidano davvero le decisioni. Ricalibrare i safety stock considerando variabilità e criticità terapeutica, integrare vincoli regolatori (shelf‑life residua, serializzazione, requisiti GDP) e formalizzare contromisure per deviazioni e expediting fa la differenza quando la domanda oscilla. Prima di attivare AI, demand sensing e control tower è essenziale consolidare la base dati: anagrafiche coerenti, eventi EPCIS affidabili, sensori qualificati e accordi di condivisione con policy di retention allineate a QMS e privacy. Dashboard che incrociano servizio, qualità e costo rendono trasparenti i trade‑off e velocizzano i riesami interfunzionali.



5) Make vs. Buy e Technology Transfer – esecuzione e controlli che reggono all’ispezione


Decisioni di rete e trasferimenti tecnologici hanno effetti diretti su qualità, time‑to‑market e resilienza. Il Technology Transfer va trattato come progetto regolato: un piano di trasferimento chiaro, piani di controllo proporzionati, lotti PPQ significativi, gestione del cambiamento e KPI condivisi (OEE, Right‑First‑Time, deviazioni critiche). In un contesto di volatilità e shortage, anche Quality Agreements che includono business continuity e shortage prevention aiutano a chiarire responsabilità e tempi di reazione tra sponsor e partner.



6) Distribuzione, cold chain e “last mile” – validare davvero ciò che conta


Per i prodotti a temperatura controllata la convalida non è un adempimento formale: è la condizione per una release QA solida. Temperature mapping di magazzini e celle, frequenza degli studi, qualifica di contenitori e mezzi, integrazione dei data logger e gestione degli allarmi definiscono la tenuta del sistema. L’ultimo miglio richiede attenzione specifica: monitoraggio, sicurezza e controllo dati devono riflettere la realtà operativa dei vari mercati. Un profilo termico realistico, test rappresentativi delle rotte e una matrice dei rischi aggiornata quando cambia la logistica evitano sorprese. Collegare lo stability budget al batch record e ai criteri di rilascio rende le decisioni più oggettive; KPI come OTIF, excursion rate e time‑to‑intervene aiutano a misurare il miglioramento. Audit periodici dei 3PL e programmi di riqualifica su rotte, imballi e mezzi chiudono il cerchio.



7) Tracciabilità e integrità del dato – dalla serializzazione a EPCIS 2.0


La DSCSA sposta l’attenzione dalla sola serializzazione alla visibilità end‑to‑end. Con EPCIS/CBV 2.0 gli eventi diventano un linguaggio comune: commission, pack/aggregate, ship, receive, decommission. Per funzionare, però, servono regole di business chiare e validazioni tecniche: campi obbligatori, coerenza temporale, legami corretti con SSCC e GLN. L’exception handling va progettato prima dei problemi: una lista condivisa di eccezioni con SLA e responsabilità definite evita rimpalli e fermi. La governance dei master data (GTIN/GLN/SSCC, gerarchie d’imballo e ubicazioni) e il monitoraggio della qualità dei dati completano il quadro, garantendo chiamate più rapide e un audit trail coerente con il QMS.



8) Shortage & risk management – pianificare il “se” prima del “quando”


La prevenzione delle carenze richiede governance, dati e piani specifici per prodotto. Un Drug Shortage Risk Register aiuta a mappare vulnerabilità e impatti; simulazioni periodiche rendono esplicite le soglie di allerta e le modalità di risposta. Nei contesti più critici, criteri di allocazione etica e canali di comunicazione predefiniti con le autorità favoriscono decisioni rapide e trasparenti. KPI di resilienza – come percentuale di portfolio in dual‑sourcing, days‑of‑supply minimi, volatilità dei lead time e puntualità delle qualifiche fornitore – consentono di misurare i progressi e di ritarare la strategia quando servono correzioni di rotta.



9) Governance e collaborazione estesa – mettere il ritmo


Senza responsabilità chiare e un ritmo costante di governo, anche i progetti più promettenti faticano a scalare. Una RACI che integri QA, RA, Supply, IT e Legal, supplier councils per i fornitori critici e scorecard unificate riducono la complessità e creano un terreno comune di lavoro. Un allegato contrattuale dedicato – la Supply Chain Quality Agreement – può formalizzare gestione dei seriali ed EPCIS, exception handling, recall readiness, scambio dei dati di temperatura e Right‑to‑Audit reciproco. La risk review trimestrale, con scenari e stress test su shortage API, blocchi doganali o excursioni ripetute, collega la remediation al budget e mantiene l’attenzione su ciò che conta.



Conclusioni


La Supply Chain nel Life Science sta convergendo verso un modello data‑driven, regolato e collaborativo. Tracciabilità evento‑per‑evento, GDP solide sull’ultimo miglio, catena del freddo realmente qualificata, piani shortage risk‑based e una governance che unisce compliance e performance sono gli ingredienti di una filiera affidabile. Le aziende che investono su processi, dati e competenze vedono benefici tangibili: tempi di reazione più rapidi, meno deviazioni critiche, write‑off contenuti e continuità terapeutica. Per passare dalla teoria alla pratica servono diagnosi puntuali dei gap – dai flussi EPCIS alla gestione delle excursion, fino ai playbook di risposta alle carenze – e piani di remediation con responsabilità e milestone chiare. È qui che un accompagnamento specializzato fa la differenza.



Qual è l’area che ti espone di più durante un’ispezione: tracciabilità EPCIS, cold chain/last mile, shortage o fornitori?

Contattaci senza impegno: partiamo dai tuoi processi e valutiamo insieme l’utilità di una Gap Analysis Supply Chain, con una roadmap costruita sulle tue priorità.
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Packaging farmaceutico sostenibile: innovazioni e soluzioni per il futuro

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Packaging farmaceutico sostenibile: innovazioni e soluzioni per il futuro

Packaging farmaceutico sostenibile: innovazioni e soluzioni per il futuro

Il packaging farmaceutico sta vivendo una profonda trasformazione e sempre più aziende del settore, spinte da nuove normative, dalla consapevolezza ambientale e dalle richieste del mercato, stanno adottando soluzioni innovative per ridurre l’impatto ecologico dei loro imballaggi.

In questo articolo esploriamo le tendenze emergenti, i riferimenti normativi, le soluzioni già adottate da aziende leader e i passi concreti che è possibile intraprendere per progettare un packaging efficace, sicuro, efficiente e circolare.

PPWR: il nuovo regolamento europeo sul packaging

Le statistiche della Commissione (Eurostat) sui rifiuti di imballaggio per il periodo 2010-2021 indicano che gli imballaggi usano grandi quantità di materie prime primarie (materiali vergini). Il 40 % della plastica e il 50 % della carta utilizzati nell’Unione sono destinati agli imballaggi e gli imballaggi rappresentano il 36 % dei rifiuti solidi urbani.

In risposta a questa sfida in accordo al piano d’azione per l’economia circolare, l’Unione Europea ha approvato il nuovo Regolamento PPWR (Packaging and Packaging Waste Regulation) che è entrato in vigore l’11 febbraio 2025 e sarà applicabile a partire dal 12 agosto 2026. Questo regolamento rappresenta una svolta epocale nella progettazione e gestione degli imballaggi, e ha già iniziato a influenzare le tendenze e le innovazioni nel confezionamento farmaceutico.

Le principali disposizioni del PPWR:

  • Riduzione dello spazio vuoto: massimo 50% per ogni unità di imballaggio.
  • Limiti alle plastiche monouso.
  • Percentuali minime di materiale riciclato: entro il 2030 e 2040.
  • Divieto di sostanze pericolose nei materiali.
  • Norme più stringenti per packaging extra-UE.
  • Green claims regolamentati: ammessi solo se superiori ai requisiti normativi.
  • Etichettatura ambientale armonizzata in tutta l’UE.
  • Obblighi variabili a seconda della filiera, del tipo di imballaggio e della dimensione dell’impresa.

Il regolamento prevede delle esclusioni e deroghe per alcuni imballaggi farmaceutici e dispositivi medici, per tutelare la sicurezza del paziente, l’integrità dei prodotti e la conformità con normative sanitarie esistenti (es. Regolamento 2017/745 sui dispositivi medici, Direttiva 2001/83/CE sui medicinali)

Trend e innovazioni nel confezionamento farmaceutico

L’industria sta già rispondendo con soluzioni concrete e innovative, ecco le tendenze principali:

  1. Materiali sostenibili

Le soluzioni più promettenti includono:

  • Polimeri derivati da fonti rinnovabili (come tall oil) che garantiscono prestazioni equivalenti ai materiali derivanti da fonti fossili con un impatto ambientale minore.
  • Materiali ottenuti da riciclo meccanico o chimico, in particolare attraverso pirolisi, in grado di recuperare plastiche multimateriali riducendo sensibilmente le emissioni di CO₂.
  • Attenzione selettiva verso bioplastiche come il PLA, che pur essendo compostabili, mostrano limiti significativi in termini di prestazioni meccaniche e di impatto ambientale nel fine vita.
  1. Design circolare ed EcoDesign

L’approccio progettuale del confezionamento farmaceutico si evolve secondo tre pilastri:

  • Efficacia: garantire protezione, conservazione e funzionalità.
  • Efficienza: ottimizzazione nell’uso di materiali, energia e risorse.
  • Ciclicità: impiego di materiali riciclabili o derivati da fonti rinnovabili.

Viene favorita la progettazione per:

  • Il riciclo;
  • La riduzione del numero di componenti;
  • Il right-sizing e la riduzione del materiale in eccesso;
  • L’identificazione di barriere e rischi ambientali lungo l’intero ciclo di vita.
  1. Applicazioni concrete

Tra le innovazioni già adottate nel settore e in corso di studio:

  • Sostituzione delle etichette in carta con etichette in polipropilene (PP), che risultano più resistenti, compatibili con processi automatizzati e completamente riciclabili.
  • Ottimizzazione del layout del packaging terziario, con una riduzione dello spazio vuoto e un miglioramento dell’efficienza logistica.
  • Soluzioni digitali come l’adozione di eLeaflet, che permetteranno la sostituzione del foglietto illustrativo cartaceo con un supporto digitale, riducendo l’impatto ambientale e semplificando la logistica.

Caso studio: sostenibilità applicata

S4BT affianca aziende del settore farmaceutico nell’implementazione di soluzioni di packaging sostenibile. Tra queste, un progetto particolarmente significativo ha riguardato la sostituzione delle etichette in carta con etichette in polipropilene (PP).

Questa scelta ha portato benefici tangibili e misurabili. Le etichette in PP, infatti, offrono una maggiore resistenza meccanica e chimica, risultando più idonee ai processi produttivi automatizzati e meno soggette a rotture o deterioramento. Dal punto di vista ambientale, il PP è completamente riciclabile e più compatibile con i flussi di recupero plastici rispetto alle etichette in carta adesiva, che spesso presentano colle o trattamenti superficiali che ne impediscono il riciclo efficiente.

Inoltre, questa soluzione è pienamente allineata con i requisiti del Regolamento PPWR, contribuendo alla riduzione dell’uso di materiali misti e all’ottimizzazione del ciclo di vita del packaging.

I vantaggi ottenuti:

  • Maggiore efficienza produttiva, grazie a una ottimizzazione del processo produttivo;
  • Migliore durabilità e leggibilità delle etichette durante la vita utile del prodotto;
  • Riduzione dell’impatto ambientale, grazie alla compatibilità con i processi di riciclo e alla semplificazione del materiale utilizzato.

Questo intervento dimostra come anche una singola scelta progettuale, se ben valutata e implementata, possa generare un impatto positivo in termini di compliance normativa, sostenibilità ambientale e ottimizzazione dei processi industriali. Un esempio concreto di come l’EcoDesign possa tradursi in valore reale per le aziende farmaceutiche.

Key takeaways per le aziende

  1. Eseguire una LCA (Life Cycle Assessment) per misurare l’impatto ambientale degli imballaggi attuali;
  2. Coinvolgere i fornitori in logiche di acquisto sostenibile;
  3. Adottare in fase di progettazione un Framework per L’EcoDesign;
  4. Investire in formazione interna su normative e soluzioni innovative;
  5. Valutare ROI e KPI ambientali di ogni nuova soluzione introdotta.

Innovare il packaging per guidare il cambiamento

Il futuro del confezionamento farmaceutico è verde, smart e circolare e adeguarsi alle nuove normative è solo il primo passo. Per rimanere competitivi e sostenibili, serve un cambiamento strutturale che coinvolga tutta la catena del valore: dalla scelta dei materiali al design, dalla produzione al trasporto.

In S4BT aiutiamo le aziende a trasformare gli obblighi normativi in opportunità di crescita attraverso soluzioni su misura.

principi ALCOA data integrity

Cosa sono i principi ALCOA e perché sono fondamentali nel Data Integrity

I principi ALCOA sono un importante modello di riferimento nel settore farmaceutico, e assicurano l’integrità dei dati (Data Integrity) sia cartacei che elettronici.

Cosa è la Data Integrity?

 

Non c’è una singola definizione di Data Integrity, ma i vari enti hanno dato delle definizioni simili, che pongono al centro i principi ALCOA.

Secondo l’organizzazione mondiale della Sanità (WHO):

“L’integrità dei dati è il grado con cui un insieme di dati è completo, coerente e preciso per tutto il ciclo di vita. I dati raccolti dovrebbero essere attribuibili, leggibili, registrati contestualmente alle attività svolte, originali (o una copia conforme) e accurati. Assicurare l’integrità dei dati richiede sistemi di qualità e di gestione del rischio adeguati, compresa l’adesione a principi scientifici e good documentation practices”.

La definizione è ripresa anche da MHRA, l’agenzia di regolamentazione su medicinali e i prodotti sanitari del Regno Unito.

Nel documento FDA “Data Integrity and Compliance With Drug CGMP. Questions and Answers Guidance for Industry” troviamo una definizione simile:

“Il Data integrity si riferisce alla completezza, coerenza, e accuratezza dei dati. I dati completi, coerenti e precisi dovrebbero essere attribuibili, leggibili, registrati contestualmente alle attività svolte, originali o una copia conforme, e accurati (ALCOA)”.

Principi ALCOA+

 

ALCOA, secondo le linee guida FDA, è acronimo di di Attributable (attribuibile), Legible (leggibile), Contemporaneous (contemporaneo), Original (originale), Accurate (accurato).

Negli ultimi anni ai 5 principi se ne sono aggiunti altri quattro: Complete (completezza), Coherence (coerenza), Enduring (durabilità) e Available (disponibilità). Per questo parliamo di ALCOA+.

Attributable – Attribuibile

 

“Chi ha acquisito i dati o eseguito un’azione in seguito all’acquisizione, e quando?”

Tutti i dati creati o raccolti devono essere attribuibili a una persona o un sistema informatico. Ciò include sia chi ha eseguito l’azione sia quando, registrando quindi la data di raccolta o generazione. La registrazione può avvenire manualmente e su cartaceo oppure automaticamente attraverso l’audit trail in un sistema informatico.

Legible – Leggibile

“Puoi leggere i dati e tutti i metadati o tutte le trascrizioni manuali su carta?”

Tutti i dati registrati devono essere leggibili e permanenti, assicurando che siano accessibili facilmente durante tutto il data life cycle. Questo aspetto del dato è sicuramente più facilmente gestibile attraverso sistemi elettronici, rispetto al cartaceo.

Contemporaneous – Corrente

 

“L’azione è documentata (su carta o elettronicamente) contestualmente all’attività?”

È fondamentale che individui o sistemi registrino il dato nel momento stesso in cui viene svolta l’attività o la sequenza di attività. Con sistemi elettronici automatizzati, questa è una pratica comune, mentre nel cartaceo si è più soggetti a retrodatazioni o post datazioni.

Original – Originale

 

“Stampe o copie certificate come conformi, record elettronici inclusi i metadati di un’attività”

I dati dovrebbero essere originali piuttosto che copie o trascrizioni. Questo vale soprattutto per le registrazioni cartacee. Per esempio non è corretto scrivere delle informazioni parziali su un pezzo di carta, con l’intento di completare la registrazione successivamente sul documento ufficiale, perché ciò può causare errori. Invece la registrazione originale dei dati dovrebbe essere sul record principale, indipendentemente dal fatto che quel record sia su carta o su un sistema digitale.

Accurate – Accurato

 

I dati dovrebbero riflettere la realtà di ciò che realmente è avvenuto, essere completi e privi di errori.

 Eventuali modifiche non devono oscurare o cancellare le informazioni originali. Nel caso del cartaceo non è quindi consentito l’utilizzo del correttore. Qualsiasi modifica sia elettronica che cartacea deve essere firmata dalla persona che effettua la modifica, datata e fornita una spiegazione scritta.

Complete – Completo

 

Le Omissioni sono di fatto violazioni regolatorie! Omettere non è poi così diverso da “nascondere”

Un record deve contenere tutte le informazioni disponibili fino a quel momento. Tutti i dati registrati elettronicamente richiedono un a dimostrare che nessuna informazione sia stata cancellata o andata persa.

Consistent – Coerente

 

Il dato/documento deve essere coerente con l’uso che ne facciamo e con le caratteristiche specifiche che ci aspettiamo debba avere.

Enduring – Duraturi

 

Il dato/documento devono essere duraturi nel tempo e quindi adeguatamente conservati.

Available – Disponibile

I dati non devono solo esistere, ma devono essere accessibili. Il modo più efficiente per raggiungere questo obiettivo è normalmente la registrazione elettronica dei dati.

Assicurare l'integrità dei dati

Assicurare l’integrità dei dati è fondamentale in contesti altamente regolamentati come Pharma & Life Science, dove la Data integrity è frequente oggetto di ispezione, soprattutto con la crescente implementazione di nuove tecnologie.

In S4BT supportiamo le aziende con un servizio di consulenza specializzata.  Applichiamo le più attuali metodologie di implementazione di un piano di data integrity aziendale partendo da un’accurata analisi di aderenza dei sistemi che gestiscono dati elettronici e cartacei verso i principi del data integrity.

Supportiamo qualsiasi assessment sui sistemi (verificando preliminarmente l’aderenza verso la CFR 21 Parte 11/Annex 11) e sul relativo package documentale presso le aree in ambito GMP.

Trattiamo la Data Integrity anche in aula. Eroghiamo Training formativi rivolti a tutti i livelli aziendali partendo da una formazione di base fino ad un livello avanzato, rivolto principalmente a chi si occupa di Data governance e Quality.

Vuoi saperne di più? Visita la pagina IT & Computer System Validation

 

Commissioning & Qualification

Perché le aziende dovrebbero aumentare l’effort in fase di Commissioning?

Articolo a cura del Team Qualifiche S4BT

Non esiste più una netta distinzione tra Commissioning e Qualification. Questo secondo la tendenza degli ultimi anni in cui sono stati integrati i nuovi approcci alla qualifica dei sistemi di produzione, dettati dalle linee guida e normative internazionali.

Nell’ambito del graduale abbandono del classico modello a V, che prevede anche l’uso del leveraging dalle fasi di commissioning, oggi Commissioning e Qualification (C&Q) vengono integrati creando un unico processo. Ciò grazie al coinvolgimento maggiore delle Good Engineering Practice (GEP), i cui principi vengono utilizzati per sviluppare test di qualifica mirati a stabilire se un impianto, sistema o equipment sia adatto allo scopo per cui è stato progettato.

Approccio Risk Based in fase di Progettazione

Il nuovo approccio di testing trova le sue fondamenta nella fase di progettazione, a partire dalla quale, grazie all’implementazione dei principi di “Quality by Desing”(QbD), del “Quality Risk Management”(QRM) e dell’approccio “Science and Risk Based”, vengono definiti chiaramente gli aspetti critici di progetto su cui dovranno essere concentrati gli sforzi per le attività di Commissioning & Qualification.

La supervisione del reparto di qualità gioca un ruolo fondamentale nella fase di progettazione, poiché ha la responsabilità di assicurare che gli aspetti critici del processo vengano considerati durante la progettazione del sistema e la definizione dei test.

CDE (Critical Design Element)

Si pone l’attenzione quindi sulla definizione degli elementi critici di progetto, CDE (Critical Design Elements), che saranno oggetto dei test e che derivano da una attenta analisi degli attributi critici di qualità e dei parametri critici di processo definiti in fase iniziale di sviluppo, nonché dai requisiti regolatori e dagli standard di qualità aziendali.

Con questo approccio si abbandona la vecchia mentalità del “testare tutto”, per passare a quella di definire e pianificare dei test mirati e di conseguenza diminuire lo sforzo e aumentare l’efficienza sin dalle fasi di commissioning.

I documenti di Risk Assessment (RA) e Design Review/Design Qualification (DQ) in questo scenario diventano fondamentali e protagonisti, poiché consentono di indentificare chiaramente gli elementi critici di progetto, che attraverso il processo di Design Review portano a definire il progetto definitivo (1).

(1) Per approfondire: International Society for Pharmaceutical Engineering, ISPE Baseline Guide: Volume 5 – Commissioning And Qualification, 2nd Edition, Chapter 2, Paragraph 2.1 page 19, ISPE, January 2019, 212 pages

Risk Assessment

Una volta definiti chiaramente gli elementi critici della progettazione è fondamentale analizzarli nel documento di Risk Assessment, che ha come output la definizione e successiva esecuzione di test che portino da subito un valore aggiunto ai fini della qualifica.

Ad esempio l’esecuzione di test relativi alla fase di FAT, sviluppati secondo questo approccio, potrebbero portare alla luce difetti sulla realizzazione del sistema e ciò permetterebbe di poter agire velocemente apportando le correzioni in modo efficiente direttamente presso il costruttore e non in fasi di qualifica successive in cui sarebbe troppo tardi.

Allo stesso modo durante la fase di SAT potrebbero essere individuati eventuali difetti di installazione e funzionalità, legati ad aspetti critici di processo. Ciò favorirebbe un’azione tempestiva nella risoluzione, facilitando le fasi successive di convalida.

Design Review/ Design Qualification

Il processo di Design Review in quest’ottica gioca un ruolo importante durante la fase di progettazione, poiché, grazie al contributo degli SME del reparto di ingegneria che possiedono piena conoscenza degli attributi critici di qualità (CQA) e dei parametri critici di processo (CPP), va a definire in modo mirato, già nelle prime fasi, gli elementi critici di progetto (CDE) e le soluzioni di progetto adeguate.

Il risultato della valutazione dei rischi nel Risk Assessment e l’utilizzo dinamico della Design Review culminano nel progetto definitivo, il quale viene formalizzato nella Design Qualification (DQ) dove le scelte progettuali vengono confrontate con i requisiti specificati nelle URS per verificarne la piena copertura.

L’approccio appena descritto ci consente di evitare il presentarsi, in fase di test, di risultati non conformi che si riveleranno poi causati da errori di progettazione. Già in fase di FAT e SAT, con il nuovo approccio, si hanno test mirati alla verifica degli aspetti critici del processo, permettendo così una pianificazione ottimale delle fasi di Commissioning & Qualification e non avere perdite di tempo per test “standard” che non apportano nessun valore aggiunto.

Il ruolo del reparto di ingegneria, nella fattispecie degli SME, diventa quindi fondamentale per riuscire a definire sin da subito cosa andrà testato e dove concentrare gli sforzi di Commissioning & Qualification (C&Q).

Benefici

I benefici di questo modello sono molteplici, infatti nell’approccio di C&Q gestito attraverso il Quality Risk Management (QRM), tutte le attività di test, a partire già dalle attività di commissioning, aggiungono valore alle attività di qualifica, diversamente da un approccio classico in cui molte volte i test eseguiti nelle prime fasi di installazione del sistema (FAT, SAT e commissioning), che non sono stati definiti secondo un approccio orientato al rischio, risultano ridondanti ai fini della qualifica oppure, non essendo considerati perché non integrati nel processo di progettazione, vengono ripetuti in fase di IQ/OQ.

Nel nuovo approccio i test che vengono definiti sono commisurati ai rischi sulla qualità del prodotto, i quali vengono identificati, mitigati e controllati già nelle fasi di progettazione applicando le attuali GEP, ottenendo così come risultato la consegna di un sistema pienamente aderente alle specifiche, con costi ridotti e tempi più brevi.

References

International Society for Pharmaceutical Engineering, ISPE Baseline Guide: Volume 5 – Commissioning And Qualification, 2nd Edition, ISPE, January 2019, 212 pages.

EQUIPMENT & FACILITIES QUALIFICATION

change control

Le sfide del Change Control tra condivisione, documentazione, Training e digitalizzazione

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Le sfide del Change Control tra condivisione, documentazione, Training e digitalizzazione

Le sfide del Change Control tra condivisione, documentazione, Training e digitalizzazione

Il Change Control è un sistema fondamentale per garantire la qualità dei prodotti e dei processi, soprattutto in ambito Life Science, dove subentrano notevoli complessità normative.

Secondo la definizione delle EU GMP Guidelines, il Change Control è un sistema formale tramite il quale rappresentanti qualificati di appropriate discipline esaminano i cambiamenti proposti o effettivi che potrebbero influenzare uno stato convalidato. Lo scopo è determinare la necessità di un’azione che assicuri che il sistema complessivo sia mantenuto in uno stato validato.

 

Le richieste di Change (Change Request o COC) non sono specifiche di un reparto, ma possono riguardare l’intera azienda. Ne fa infatti richiesta chi necessita di implementare un cambiamento che può impattare uno stato convalidato.

Per esempio nell’introduzione di una nuova linea, la Change Request è aperta dal reparto ingegneria e qualifiche, con attività che coinvolgono altri reparti come validazione. Per il cambio di materiale o fornitore la Change potrebbe essere invece richiesta dal reparto procurement.

La supervisione è sempre del reparto qualità, che solitamente costituisce un Change Control Committee locale e/o globale, dove periodicamente si presentano, valutano e discutono le Change Control più significative e rilevanti con i vari reparti impattati e dove si dà l’autorizzazione finale.

La documentazione

 

 

Il sistema di Change Control richiede una procedura scritta (change control program) per regolare i seguenti punti:

  • Che tipi di Cambi il sistema Change Control dovrebbe tenere in considerazione. A quali aree si applicano queste istruzioni operative?

  • Chi può suggerire/ iniziare le Change?

  • Come viene richiesta una change (form, sistema digitale o altri metodi di comunicazione?)

  • Come sono classificate le change? Chi è il responsabile della valutazione?

  • Come vengono determinate le misure necessarie per attuare la modifica; chi compila le indicazioni richieste?

  • Chi è responsabile dell’esecuzione e del monitoraggio di tutte le misure necessarie?

  • Come è assemblato il Change Control Commitee; quali sono i compiti del comitato?

  • Come viene documentata la modifica (formato, contenuto, memoria)?

  • Chi è responsabile per l’autorizzazione delle modifiche?

  • Quali sono le norme speciali per le modifiche urgenti?

Le sfide del Change Control

Il sistema Change Control è complesso e per questo si trova ad affrontare diverse sfide e difficoltà. In particolare:

  • Comunicazione. Una scarsa comunicazione tra reparti, mancanza di follow up o escalation delle change request, notifiche ritardate o inappropriate da parte dei fornitori, ecc.
  • Tempo di evasione. Molte aziende gestiscono manualmente le change request e la documentazione. Questo causa molti sforzi, maggior tempo di gestione e un rischio più alto di errori, backlog e perdite di dati e documenti. La digitalizzazione non sostituisce approvazioni e attività, ma semplifica la compilazione, la condivisione di informazioni e avvisa su scadenze imminenti aumentando il controllo del processo.
  • Documentazione inefficace. Un sistema manuale rende più difficile l’aggiornamento della documentazione, inclusa la storia delle revisioni, e il recupero dei dati necessari a supporto della change. Per esempio potrebbe succedere che un test venga replicato per la documentazione non aggiornata sul test già svolto precedentemente.
  • Training.Una formazione adeguata del personale è un prerequisito sia in ambito FDA che ISO. Quando la gestione del training non è collegata al resto dei processi di qualità, soprattutto in una gestione manuale, mantenere aggiornati i training con i cambi di procedure diventa complesso. Nelle Change, le procedure vengono solitamente impattate e avere sotto controllo i training da assegnare alle risorse ne diminuisce notevolmente il tempo di gestione.

La Gestione del Change Control con un sistema digitale

La documentazione delle Richieste di cambio può essere gestita in record cartacei o elettronici.

La gestione delle Change con un sistema digitale di workflow management system permette non solo di avere documentazione protetta, organizzata e disponibile, ma anche di assegnare azioni alle persone coinvolte, monitorare il processo e inviare notifiche in vista delle scadenze, tenendo anche sotto controllo backlog e altri KPI critici.

Inoltre le Change Request, possono collegarsi ad altri processi come CAPA.

Con un sistema digitale, la gestione di entrambi i processi è dipendente, così da non rischiare errori di chiusura anticipata di un processo rispetto un altro.


 

PRAGMA4U è una piattaforma di Workflow Management System modulare e scalabile che digitalizza i processi di lavoro in conformità alle linee guida FDA e cGxP. 

Consente alle aziende di: avere una documentazione protetta, sempre aggiornata, organizzata e collegata ai processi di origine; di assegnare ed eseguire le attività di lavoro direttamente sulla piattaforma; di condividere facilmente informazioni tra reparti; tenere sotto controllo i processi con KPI ed estrarre report e dossier utili in caso di ispezione.

La piattaforma può contenere più processi, creando una vera e propria mappa digitale dell’azienda. Si integra inoltre ad altri sistemi come ERP semplificando la compilazione e aggiornamento dei dati.

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CAPA

Alla scoperta del CAPA. Strumenti e tecniche per ottimizzare il processo

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Alla scoperta del CAPA. Strumenti e tecniche per ottimizzare il processo

Alla scoperta del CAPA. Strumenti e tecniche per ottimizzare il processo

Le Azioni Correttive e Preventive (CAPA) sono ad oggi uno dei maggiori punti di osservazioni da parte di FDA

La gestione dei CAPA è complessa e non sempre le difficoltà dipendono da mancanze del personale, ma molto spesso sono attribuibili a un problema nella struttura e nel flusso del processo. Quante volte infatti capita di non tracciare tutte le azioni, di non documentare tutte le fasi o perfino di perdere i dati in un sistema disordinato e con tempi di implementazione troppo lunghi.

Inoltre l’azione correttiva sarebbe il più possibile da minimizzare, in quanto conseguenza di deviazioni, non conformità, ecc., a favore di approcci proattivi come un maggiore utilizzo del Quality Risk Management.

Essere proattivi e Prevenire è meno costoso di essere reattivi e Correggere.

Nelle prossime righe, facendo riferimento alle normative, indagheremo strumenti e tecniche per migliorare l’approccio alle azioni preventive e correttive, risponderemo alle Domande più frequenti sui CAPA per mostrare infine attraverso un’infografica come semplificare un processo CAPA con un sistema digitale.

Strumenti e Tecniche per migliorare l’approccio alle azioni preventive e correttive

Ci sono diverse tecniche e strumenti che possono essere utilizzati per migliorare l’approccio alle azioni correttive e preventive. 

La RCA utilizza diversi modelli e strumenti come:

  • La Failure Mode and Effect Analysis (FMEA) è una metodologia utilizzata per analizzare le modalità di guasto o di difetto di un processo, prodotto o sistema, analizzarne le cause e valutare quali sono gli effetti sull’intero sistema/impianto. Generalmente (ma non necessariamente) l’analisi è eseguita preventivamente e quindi si basa su considerazioni teoriche e non sperimentali. Permette alle organizzazioni di anticipare durante la fase progettazione i possibili difetti e errori nel disegno del processo.
  • Il metodo 5 Why consiste nel porre ripetutamente la domanda “perché” fino a quando non si arrivano a comprendere tutti i sintomi di un problema e arrivare alla radice. Il metodo è di solito usato durante le attività di problem solving o insieme ad altri strumenti cone il diagramma causa effetto. 
  • Ishikawa o diagramma a lisca di pesce, chiamato così perché somiglia alla lisca di un pesce con alla fine un rettangolo contenente l’effetto o il problema. Nel campo manifatturiero, le cause o i fattori che influenzano un processo produttivo sono spesso organizzate in quattro macrogruppi, che sono: manodopera, macchine (compresa l’energia impiegata, gli strumenti di lavoro e di misura), materiali (materie prime e ausiliarie), metodi (procedure o prassi operative). Il diagramma Ishikawa può essere utilizzato come supporto nelle sedute di brainstorming con il team.
 Nonostante le forti pressioni normative, non tutte le deviazioni, i reclami, i risultati delle verifiche o i difetti dei fornitori dovrebbero innescare un CAPA. L’analisi delle tendenze e la gestione dei rischi possono aiutare a evitare la sindrome “tutto è un CAPA”.

Trend Analysis. Fare attenzione ai trend aiuta a comprendere se una non conformità è un’anomalia o no e se quindi necessita di un processo CAPA o semplicemente di azioni correttive a seguito di una deviazione, ecc. I trend possono inoltre individuare problemi minori prima che diventino più rischiosi, eseguire azioni preventive e aiutarti a priorizzare meglio le non conformità per ulteriori investigazioni. 

Quality Risk Management (QRM). Il Quality Risk Management è un processo per mitigare o eliminare il rischio. Parte da una fase iniziale di assessment fino a una revisione periodica. Il QRM è un processo sempre più richiesto in fase di ispezione a monte di ogni processo e supporta nella riduzione dell’apertura dei CAPA.  

Le domande più frequenti sui CAPA

Che cosa sono i CAPA?

I CAPA (Corrective Actions, Preventive Actions) sono un sistema di azioni di qualità necessarie per eliminare le cause di una deviazione, non conformità, difetto e altre situazioni indesiderabili al fine di evitarne il ripetersi.

  • L’azione correttiva agisce su non conformità, deviazioni o difetti esistenti
  • L’azione preventiva viene intrapresa per eliminare le cause di una potenziale deviazione, non conformità o difetto al fine di prevenirne il verificarsi

Attraverso un processo CAPA un’Azienda non solo elabora un Piano di Azioni, ma determina, implementa e controlla anche l’efficacia di una soluzione individuata. In sostanza, attraverso questo processo, il sistema Qualità aziendale è in grado di “autocorreggersi” e perfezionarsi.

Perché aprire un CAPA?

Lo scopo delle azioni correttive e preventive è acquisire informazionianalizzarle, identificare e investigare problemi di qualità sul prodotto per intraprendere delle azioni appropriate ed efficaci a correggere il problema e prevenirne il ripetersi.

Saranno fondamentali in questo processo la verifica o la convalida delle azioni correttive e preventive, la comunicazione delle attività da svolgere alle persone responsabili, la documentazione delle attività, la raccolta e condivisione di informazioni pertinenti per la management review.

Quando aprire un CAPA?

I CAPA vengono aperti a seguito e in presenza di determinati input. Tra i quali:

  1. Deviazioni
  2. Non conformità
  3. Change Control
  4. Audit Interni/ Esterni
  5. Reclami
  6. Rifiuto di prodotti
  7. Management Review
  8. Ispezioni normative
  9. Trend sulle prestazioni del processo e sul monitoraggio della qualità del prodotto

Chi apre il CAPA?

Solitamente il CAPA è legato ad altri processi “padre” come le Deviazioni, i Reclami, ecc. quindi le persone che aprono i CAPA sono coloro che precedentemente hanno aperto un altro processo. Ci sono tuttavia spesso commissioni all’interno delle aziende, che discutono del processo e decidono insieme a chi affidarlo. Il Quality Assurance è generalmente presente nelle commissioni.

Quali sono le normative e linee guida di riferimento per le azioni correttive e preventive (CAPA)?

Le normative di riferimento per la gestione dei CAPA sono:

Sebbene i CAPA non siano specificamente indicati nei cGMP dei prodotti farmaceutici (21 CFR 210 e 211), vi sono requisiti che sono paralleli al concetto di CAPA. È chiaro che le aspettative dei CAPA sono diventate un attuale GMP per i prodotti farmaceutici. 

21 CFR 211 (ad es. 21 CFR 211.160 e 211.192) contengono requisiti paralleli ai requisiti CAPA elencati nelle normative sui dispositivi medici (21 CFR 820) (1-2).


Come gestire un CAPA con un sistema digitale?

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La piattaforma può contenere più processi, creando una vera e propria mappa digitale dell’azienda. Si integra inoltre ad altri sistemi come ERP semplificando la compilazione e aggiornamento dei dati.

Scopri le CAPA nella gestione dei processi farmaceutici sul sito di Pragma4U.

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reclami pharma

I reclami come opportunità di miglioramento continuo per le aziende Life Science

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I reclami come opportunità di miglioramento continuo per le aziende Life Science

I reclami come opportunità di miglioramento continuo per le aziende Life Science

Un reclamo da parte del cliente finale o intermedio può avvenire nel momento in cui qualcosa va storto e si riscontra un difetto nel prodotto o nel servizio. 

Il reclamo può riguardare qualsiasi aspetto del farmaco o device, da un difetto del packaging fino a una reazione inaspettata durante l’utilizzo.

La Gestione dei reclami è parte delle Good Manufacturing Practice (GMP) e oggetto di ispezione da parte degli enti normativi. Per questo necessita di una grande attenzione e una documentazione adeguata. 

Oltre l’aspetto normativo, tuttavia la gestione dei reclami può rappresentare un’opportunità competitiva per le aziende Life Science. Attraverso l’approccio del Quality Risk Management, le aziende possono infatti mettere in piedi un sistema robusto e dinamico di qualità. 

Inoltre la gestione trasversale del reclamo in tutta l’azienda, può portare grazie al supporto di sistemi digitali, a una sensibilizzazione e coinvolgimento maggiore degli stakeholder interni in un processo di miglioramento continuo verso la qualità e la produttività dell’azienda.

 

La Gestione del reclamo

 

La Gestione del reclamo, come abbiamo detto, necessita di molta attenzione e di un robusto sistema di qualità e di documentazione a supporto. Questo consente di eseguire investigazioni esaustive per arrivare, qualora il difetto sia confermato, ad azioni correttive e tempestive, come il ritiro dell’intero lotto dal mercato, e prevenire il ripetersi di problemi in futuro.

La Gestione dei reclami è inoltre oggetto di ispezioni da parte degli enti normativi. Nonostante le linee guida presenti che tracciano il percorso da seguire, ancora oggi si riscontrano da parte di FDA molte Warning Letter per una scarsa gestione dei reclami.

La ricezione e gestione del reclamo è compito del reparto Quality Assurance, che è un tramite per gli stakeholder esterni, ai quali dovrà fornire una risposta al reclamo, e per gli stakeholder interni che, soprattutto in fase di investigazione, dovrà intervistare e coinvolgere per arrivare alla root cause del problema e organizzare attività di risposta.

 

Il miglioramento continuo con il digitale

 

Avere una documentazione centralizzata e organizzata, facilita enormemente la fase di investigazione del reclamo. Questa fase infatti si divide in due parti: Document Analysis e Laboratory Investigation.

Nell’analisi dei documenti, il team QA controlla se ci sono stati reclami precedenti sullo stesso lotto e se sì qual è stata la risposta data. Se non ci sono stati reclami, il QA controlla i batch record per verificare la presenza di una deviazione o non conformità e via via si prosegue in profondità fino a risalire alla root cause se il reclamo è confermato o dichiararlo al contrario non confermato. L’investigazione può coinvolgere anche fornitori esterni, per esempio nel caso di un colore diverso del packaging, la root cause potrebbe risiedere anche nella produzione dell’azienda fornitrice.

Avere un sistema digitale centralizzato per tutta l’azienda consente, semplicemente cercando il numero di lotto, di risalire ai processi collegati e a tutta la documentazione prodotta con i relativi owner e le attività svolte. Si riduce così drasticamente il tempo di ricerca e aumenta contemporaneamente anche la compliance. Con un sistema digitale centralizzato inoltre la documentazione prodotta per il reclamo rimane archiviata e protetta, accessibile alle persone autorizzate per eventuali richieste in fase di ispezione e future investigazioni, così come è facilitata la risposta finale al cliente e l’estrazione dei KPI.

Inoltre una difficoltà che un sistema digitale risolve è il coinvolgimento diretto dei reparti con attività assegnate. Si tende infatti spesso ad affidare solo al reparto Quality Assurance l’esecuzione del processo reclami, quando invece riguarda trasversalmente tutta l’azienda sia nella collaborazione in fase di investigazione che nelle successive eventuali azioni correttive e preventive

Un’opportunità di miglioramento in questo caso è proprio l’accountability verso il sistema qualità da parte di tutta l’azienda.

Il Risk Management come Product Lifecycle Document

 

Il reclamo può essere un’opportunità di miglioramento continuo soprattutto con l’utilizzo del Risk Management. Nel momento in cui lanciamo un prodotto creiamo anche un documento per il risk management con la probabilità e severità di possibili eventi che potrebbero verificarsi con il prodotto sul mercato.

Nel momento in cui riceviamo un reclamo o anche feedback, oltre gestirlo è importante tornare su quel documento e considerare, insieme alle persone coinvolte se degli elementi sono stati sottovalutati, sopravvalutati o non considerati. Da questa riflessione potrebbe per esempio risultare che è necessario fare ulteriori azioni oltre la gestione del reclamo, come aprire una Change, effettuare un nuovo assessment riconsiderando le probabilità e severità di un rischio, o magari sensibilizzare maggiormente la popolazione aziendale su un determinato processo.

Il documento di risk management, può diventare un vero e proprio product lifecycle document che irrobustisce e migliora continuamente il sistema e il prodotto. 

Insomma un documento vivo e dinamico disponibile a tutti i reparti coinvolti non solo in fase operativa, ma anche per le analisi del top management.

 

Digitalizzare i reclami con un Workflow Management System

 

Un workflow management System digitalizza i processi aziendali, riportando quello che succede nel mondo offline in un ambiente digitale protetto, dove le attività possono essere assegnate direttamente agli owner ed eseguite/ registrate sul sistema per avanzare nel processo. 

Il vantaggio è avere un monitoraggio generale del processo e del suo stato di avanzamento, con documentazione centralizzata e collegata alle attività svolte.

Inoltre le persone sono responsabilizzate e direttamente coinvolte nelle attività, con scadenze e notifiche di follow-up, che riducono la possibilità di ritardi.

Altri due grandi vantaggi sono l’integrazione con gli altri processi collegati al reclamo come per esempio CAPA, e l’integrazione anche con altri sistemi, come ERP, che permettono di avere anagrafiche aggiornate sui prodotti.

Infine un sistema digitale consente di estrarre dossierreport e KPI per:

  • dare una risposta al cliente, con le azioni messe in piedi dall’azienda per il reclamo
  • fornire una documentazione completa in fase di ispezione
  • avere un monitoraggio costante dei trend e delle performance, così da implementare azioni a supporto

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Audit interno

10 consigli (+1) per un AUDIT Interno efficace

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10 consigli (+1) per un AUDIT Interno efficace

10 consigli (+1) per un AUDIT Interno efficace

L’Audit è un processo fondamentale all’interno di un’azienda che lavora in qualità perché permette di individuare i rischi associati alla Compliance e intraprendere le azioni correttive e preventive più idonee.

Gli audit interni sono effettuati periodicamente e in modo sistematico all’interno dell’aziende Life Science e permettono di valutare con obiettività la conformità di un’attività rispetto a uno specifico standard di riferimento.

Regolamentazioni e Linee Guida Audit interni:

Farmaceutico

Medical Device

  • FDA CFR 820

10 Consigli per effettuare un Audit interno efficace

1- Frequenza e Priorità. Adotta un approccio basato sul rischio per la frequenza e priorità degli audit. Prevedi una frequenza minima in ogni area per garantire che nessuna venga trascurata. Nella valutazione di frequenza e priorità considera anche la complessità delle attività operative e la severità del rischio per il paziente e il prodotto nell’area di ispezione.

2- Formazione e Aggiornamento. Forma il tuo team di auditor e tienilo costantemente aggiornato su: cambi regolatori, osservazioni ricevute in azienda da ispezioni esterne, indicatori di qualità (numero deviazioni, NC, ecc.) per le aree di ispezione, cambiamenti significativi nei processi, cambi organizzativi dell’area, valutazioni e aree di rischio. In quest’ultimo caso il supporto di un tool digitale per un Quality Risk Management centralizzato in tutta l’azienda, aiuta ad avere una panoramica generale e sempre aggiornata sull’azienda.

3- Pianificazione. Prepara un programma di audit periodico, includendo chi sarà l’auditor, gli argomenti, processi e l’area dell’azienda che riceverà l’audit. Gli Audit interni sono eseguiti nelle seguenti circostanze: in accordo al piano di audit interni annuale, per una causa specifica, in preparazione a un’ispezione regolatoria, ogni qualvolta il Management lo richieda.

NB. La gestione dell’Audit interno prescrive un’indipendenza tra l’ispettore qualificato e l’attività oggetto di audit.

4- Preparazione. Una volta pianificato il programma di audit, questo dovrebbe essere comunicato con largo anticipo alle aree interessate. Questo consente sia di pianificare eventuali modifiche che all’area interessata di prepararsi all’audit interno. Il Lead auditor dovrebbe preparare e condividere un ordine del giorno che includa: elenco dei record, processi e sistemi da rivedere; revisione dei CAPA aperti a seguito di audit interni precedenti, con tutte le modifiche apportate nell’area, e ispezioni esterne.

5- Apertura. Organizza una riunione di apertura con tutte le aree funzionali, se possibile, all’inizio dell’audit. Un audit interno non dovrebbe assumere la stessa forma di un audit da parte di un’autorità di regolamentazione. Un audit interno dovrebbe essere una collaborazione tra la funzione sottoposta a audit e il revisore. Dovrebbe essere un forum educativo aperto, onesto, collaborativo in cui le aree funzionali hanno l’opportunità di discutere apertamente di preoccupazioni e aree problematiche.

6- Collaborazione. Durante l’audit interno, gli auditor dovrebbero essere diretti ed evitare domande che colgono in fallo le persone. L’audit interno è un’opportunità per educare il personale, spiegando perché si pongono determinate domande e fornendo una spiegazione regolatoria sull’indagine che si sta svolgendo. Un altro comportamento collaborativo è quello di saper ascoltare con attenzione le risposte del personale e adottare un tono amichevole e non conflittuale con quest’ultimo. 

7- Partecipazione. Le persone direttamente responsabili dell’esecuzione delle attività hanno di solito una visione più approfondita di ciò che va e di ciò che necessita di essere migliorato. È per questo fondamentale coinvolgerle nel processo di audit interno, per evitare che delle criticità sfuggano e vengano poi fuori durante l’ispezione.

8- Chiusura. Organizza una riunione di chiusura a fine audit per fare un punto della situazione e i prossimi passi. Non dovrebbero esserci sorprese in questa riunione perché tutte le osservazioni sono state già discusse durante la giornata. 

9 – Documentazione. Tutta la documentazione prodotta relativamente alla gestione dell’audit (audit plan, audit report, follow up, …) deve essere organizzata, archiviata e sempre disponibile sia essa cartacea o digitale. Potrebbe essere richiesta anche in fase di ispezione regolatoria.

10- Monitoraggio. Dalle osservazioni di audit interno potrebbero scaturire azioni correttive e preventive non sempre facili da monitorare e tenere traccia, anche perché potrebbero volerci mesi prima del completamento delle attività. Il consiglio è avvalersi di un sistema digitale che monitora e invia notifiche e alert alle persone incaricate delle attività e che permette di chiudere l’Audit solo quando tutte le attività sono terminate.

11 – Report. A fine audit, il Lead auditor redige un report, assistito dall’Audit Team. Il report dovrebbe essere condiviso con il team, responsabili dei reparti coinvolti (tra cui sempre il QA manager), il direttore di stabilimento, la persona qualificata.

La gestione dell’audit in un sistema digitale

Gestire il processo audit in un sistema digitale, consente di:

  • Registrare gli audit interni ed esterni ricevuti ed effettuati
  • Tenere costantemente traccia dello stato di avanzamento delle Osservazioni scaturite durante tutto il loro ciclo di vita
  • Monitorare i processi e le attività scaturiti dalle osservazioni come CAPA, non conformità, Change Control, …
  • Inviare notifiche di follow-up alle persone responsabili per chiudere le attività
  • Chiudere l’Audit solo quando tutte le azioni per la risoluzione delle osservazioni sono state completate. 
  • Tracciare e monitorare gli impatti degli Audit sui processi e sull’organizzazione
  • Archiviare e Organizzare la documentazione prodotta (audit plan, audit report, follow up, documenti di chiusura) e renderla disponibile se richiesta in fase di ispezione.
  • Elaborare e tenere traccia del Piano di Azioni necessario a risolvere le anomalie
  • Creare un forte legame tra Processi: un sistema dedicato, consente ad esempio di aprire un processo CAPA, Change o Non Conformità direttamente da un Audit

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digital transformation

La Digital Transformation nelle aziende Life Science: impatti e opportunità

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La Digital Transformation nelle aziende Life Science: impatti e opportunità

La Digital Transformation nelle aziende Life Science: impatti e opportunità

Digital Transformation, tutti almeno una volta abbiamo sentito queste parole. Soprattutto negli ultimi mesi, a fronte della pandemia. Molte aziende si stanno confrontando con contatti a distanzasovrapproduzioni e l’adozione di strumenti digitali per non fermare le attività.

La Digital Transformation,  tuttavia va oltre l’adozione di nuove tecnologie e porta a un ripensamento totale dell’organizzazione, ponendo di fronte a sfide culturali più che tecnologiche.

Nei prossimi paragrafi, andremo ad analizzare il significato e l’impatto della trasformazione digitale, quali scenari e sfide si prospettano per le industrie Life Science.


Digital Transformation


Si inizia a parlare di Digital Transformation già alla fine degli anni ‘90, come 
approccio che coinvolge l’intera azienda e introduce cambiamenti nel business a livello tecnologico, culturale, organizzativo, sociale, creativo e manageriale.

La Digital Transformation incentiva la condivisione, la trasparenza e l’inclusione dei partecipanti al processo e pone il destinatario del servizio finale al centro dello sviluppo se non addirittura partecipe dello stesso.

La Digital Transformation è oggi un “lasciapassare” per il futuro e per mantenere alta la competitività sul mercato. Le aziende che hanno già attuato progetti legati all’utilizzo delle nuove tecnologie raggiungono “una profittabilità superiore del 26% rispetto alle altre aziende, e una maggiore valorizzazione di mercato nell’ordine del 12%”.

Secondo un report SAP, la maggior parte delle aziende comprende l’importanza del cambiamento digitale, ma solo il 3% ha completato progetti di trasformazione digitale all’interno dell’azienda.

Le aziende che vengono considerate leader nella Digital Transformation, presentano le seguenti caratteristiche:

  • considerano la Trasformazione Digitale al centro del Business (96%) e la tecnologia molto importante per ottenere un vantaggio competitivo (93%). In quest’ottica i leader ripensano anche ai modelli di business;
  • danno priorità alle funzioni a contatto con i clienti. Il 92% dei leader in Digital Transformation ha già messo in piedi strategie e processi per il miglioramento della customer experience. In generale considera quest’ultima la porta di accesso a una trasformazione digitale di successo;
  • investono molto nella ricerca e formazione digitali dei talenti, così da essere pronti al cambiamento. Il 71% dei leader afferma inoltre che investendo in digital transformation è più facile attirare e mantenere talenti;
  • seguono un’architettura bimodale. Un modello organizzativo che tiene conto della tradizione tecnologica di un’azienda e porta a far convivere questa componente con gli aspetti più tipicamente orientati all’innovazione. In questo modo è possibile portare avanti il business in maniera efficiente e allo stesso tempo introdurre nuove tecnologie per essere competitivi, soprattutto Big Data e Analytics (94%), Machine Learning (50%) e Internet of Things (76%).

I reparti più digitalizzati nel settore Life Science

 

La Digital Transformation, come abbiamo detto, va oltre l’adozione di nuove tecnologie e porta a un ripensamento totale dell’organizzazione, ponendo le aziende di fronte a una grande sfida culturale. La Digital Transformation inserisce un’azienda, un processo, un’attività all’interno di un ecosistema più grande, dove le distanze diminuiscono a favore di risultati veloci, condivisi e raggiungibili in modo più efficiente.

In particolare nelle aziende Life Science essere parte di un ecosistema digitale implica una comunicazione e condivisione dei dati facilitata, partendo dagli enti regolatori fino al paziente.

Molto interessante in questa direzione una ricerca condotta da KPGM sulla digitalizzazione nelle industrie Life Science nell’area Germania, Svizzera, Austria. La ricerca ha preso in esame 75 aziende tra cui farmaceutiche, medtech e altre aziende Life Science.

I reparti dove la digitalizzazione è maggiore sono IT e Quality Assurance. Il Quality Assurance è anche l’area dove sono pianificati più progetti verso la digitalizzazione. Le aree meno coinvolte, al momento della ricerca, sono invece logistica e produzione. Anche se negli ultimi mesi, c’è stato un forte aumento di interesse e progetti in queste aree.

Proprio l’aumento di efficienza, è infatti uno dei benefici maggiori dell’adozione di tecnologie digitali, secondo la ricerca, inclusa una progettazione agile dei processi R&D (39%). Segue come beneficio l’ottimizzazione dei processi Quality & Compliance (28%).

Processi interni efficienti e approccio agile

 

Avere processi interni efficienti è un prerequisito fondamentale, per le aziende che vogliono intraprendere un percorso di Digital Transformation e giocare un ruolo importante all’interno dell’ecosistema digitale.

Prima di implementare una soluzione tecnologica, è bene riflettere sui propri processi interni. Come possono essere semplificati? Solo successivamente chiedersi come può inserirsi uno strumento digitale. Senza questo prerequisito si rischia di avere tecnologie, che invece di aumentare la produttività, comportano ulteriori perdite di tempo per le risorse che ne faranno uso.

Un altro aspetto da considerare è la collaborazione trasversale con gli stakeholder interni ed esterni che faranno uso della tecnologia, anche non gestendola direttamente. Il consiglio è di coinvolgerli e creare team cross-funzionali all’azienda e al gruppo, per valutare e testare insieme la nuova tecnologia, gli impatti che avrà e come gestirli.

L’approccio agile può aiutare ad affrontare l’incertezza di una nuova tecnologia e del cambiamento che comporta, poiché permette di implementare in modo graduale e allo stesso tempo prendendo decisioni rapide la soluzione migliore.  L’approccio agile prevede la creazione di gruppi di lavoro orizzontali all’organizzazione gerarchica, una prototipazione e test veloci per sperimentare le migliori soluzioni.

Cultura e competenze digitali

 

Tra le sfide più impegnative, per oltre l’80% delle aziende Life Science (report KPGM), ci sono la mancanza di competenze digitali e l’accettazione delle nuove tecnologie da parte dei dipendenti.

L’introduzione di nuove tecnologie potrebbe infatti essere  percepita come una sostituzione delle attività umane con il conseguente rischio di perdita di posti di lavoro. Per questo, la paura che ciò accada può portare, cosciamente o incosciamente, a una resistenza dei dipendenti verso il cambiamento. Il management in questo caso dovrebbe intercettare la paura e veicolare il messaggio di Digital Transformation come opportunità per aumentare le proprie competenze, rimanere competitivi nel mercato del lavoro e avere la possibilità di cambiare un ruolo ripetitivo con un altro a maggior valore all’interno dell’azienda.

Il supporto di coach per instaurare una cultura digitale del cambiamento viene spesso adottata dalle aziende.

Per quanto riguarda la carenza di competenze digitali, molte aziende hanno intrapreso un percorso di riqualificazione dei propri dipendenti. Partendo da un assessment, hanno previsto percorsi personalizzati di crescita digitale. Sicuramente una formazione in quest’ottica implica investimenti importanti. Molte aziende nella ricerca di KPMG, hanno espresso forti dubbi sulla loro capacità di sviluppare tali competenze.

A questo proposito, un parametro critico nel processo di trasformazione digitale è una definizione chiara del profilo del dipendente qualificato che sarà richiesto in futuro. Il sistema di formazione si dovrà quindi adeguare a questi requisiti con programmi educativi specifici.

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